A. C. Highfield - Le cause della "Piramidalizzazione" nelle testuggini
Su concessione dell'autore, dott. A. C. Highfield per Tartarughe.info (A. C. Highfield - Le cause della piramidalizzazione nelle testuggini)
Traduzione di Dario Daquino (BadaIl16)
Quanto segue è un riepilogo dei risultati ottenuti al termine del nostro lavoro finalizzato a stabilire quali siano i meccanismi fisici e biologici coinvolti nella "Sindrome della crescita piramidale". È stata una ricerca molto complicata e impegnativa.
I primi studi sono stati avviati a partire dal 1990, ma solo dopo il 2004 abbiamo intensificato i nostri sforzi per giungere a delle risposte definitive.
Nel corso dell’analisi abbiamo condotto numerose indagini sul campo, usato tecniche di diagnostica per immagini, condotto molteplici esami di laboratorio post-mortem sia su animali sani che su animali affetti dalla sindrome. Ci tengo a sottolineare che nessun animale è stato ucciso o ferito per fini di ricerca: ci siamo serviti di animali morti per cause “naturali” o per altre cause.
Il nostro obiettivo principale è stato quello di confrontarci con le teorie concorrenti, per distinguere quelle fondate su basi concrete da quelle, invece, basate su dati falsi e incompleti, in modo da stabilire con certezza quali siano i meccanismi coinvolti nel processo.
Ci siamo inoltre posti l’obiettivo di tracciare delle pratiche linee guida per mezzo delle quali attenuare o prevenire il problema.
Questo articolo è un semplice sunto dell’esaustiva analisi che abbiamo condotto (vedi nota n.1) e che sarà pubblicata a breve. La pubblicazione conterrà una gran mole di dati e riferimenti: lo scopo di questo articolo è quello di esporre le basi della ricerca in una forma facilmente accessibile e comprensibile a tutti gli allevatori.
Le teorie fondamentali dalle quali è partita la nostra analisi sono due:
La crescita piramidale è causata da una dieta scorretta; in particolare da una dieta ricca di proteine, altamente energetica e povera di calcio.
La crescita piramidale è causata da un basso tasso di umidità, dalla disidratazione generale o da entrambe le cause.
Come vedremo, tutti questi fattori giocano un ruolo cruciale.
Il problema principale di quella che potremmo chiamare "la teoria dell'umidità", è la mancanza di ogni plausibile spiegazione da un punto di vista biologico.
A sostegno di essa sono state formulate diverse ipotesi, molte delle quali tralasciano le basi della fisiologia fondandosi sui vaghi concetti di "disidratazione cellulare" e "collasso dei tessuti"; altre ipotesi simili si sono rivelate infondate. Tuttavia non sono pochi gli allevatori che hanno avuto modo di notare che la “piramidalizzazione” degli scuti è spesso legata all'umidità e ai livelli di idratazione e calore: bisogna quindi cercare di capire cosa accade realmente.
Per prima cosa bisogna chiarire che la struttura dei cheloni è simile a quella di molti altri animali. Lo scheletro, seppur differente nella forma, è esattamente identico a quello di altri animali, e gli scuti esterni sono composti principalmente da Beta cheratina e da alcune cellule di Alpha cheratina. Li abbiamo studiati molto approfonditamente. Peculiarità delle testuggini (e delle tartarughe) è il modo in cui lo scheletro racchiude l'organismo e il suo ampio rivestimento di cheratina. Ne consegue che un qualsiasi problema a livello degli strati di cheratina avrà una profonda conseguenza.
Esaminando lo scheletro osseo possiamo notare come sia vulnerabile alle stesse malattie da carenza che possono colpire un cane, un cavallo o un essere umano. Non c'è nulla di particolare nel modo in cui si sviluppa e viene sostenuto lo scheletro di una tartaruga, è un processo del tutto normale e coerente con le provate conoscenze biologiche e nutrizionali.
Per un corretto sviluppo scheletrico, l’animale ha bisogno di oligoelementi essenziali per la costruzione delle ossa (trasportati dal sangue e ottenuti dall’assunzione del cibo), principalmente calcio e fosforo. Per un sano sviluppo le quantità e proporzioni di tali elementi devono essere corrette, in più è necessario che il metabolismo della vitamina D3 funzioni correttamente. Qualsiasi carenza, sia nell’approvvigionamento delle "materie prime" che nel meccanismo di trasporto (D3), si tradurrà in una malformazione delle ossa, che non avranno normale densità e forza.
Nei rettili, questa condizione è nota dagli allevatori come "MOM" o Malattia Osseo Metabolica.
Quando le ossa non hanno la giusta densità, sono molto vulnerabili e le forze fisiche rischiano di deformarle. Negli esseri umani questa condizione è meglio conosciuta come "rachitismo": le ossa delle gambe finiscono per cedere e piegarsi per via della combinazione degli effetti della gravità (peso) e della spinta dei muscoli. Se esaminiamo la struttura delle ossa affette da rachitismo, possiamo renderci conto che si tratta di una condizione molto simile a quella di testuggini affette da MOM e dalla cosiddetta "Piramidalizzazione". Invece di essere dure, sottili e compatte, le ossa appaiono fibrose, spesse e porose ed è molto facile che possano deformarsi con le costanti sollecitazioni.
In una tartaruga una delle più importanti cause di sollecitazione è rappresentata dai potenti muscoli delle zampe: in molte tartarughe affette da MOM o Piramidalizzazione, è evidente anche una depressione della regione pelvica causata dalla tensione muscolare. Negli animali affetti dalla malattia è possibile riscontrare anche una "sporgenza" nella parte superiore del corpo, causata dall'espansione e contrazione dei polmoni e dalla contrazione dei muscoli coinvolti nel processo di respirazione.
Ed è proprio durante la fase di crescita che le ossa sono più vulnerabili a questo tipo di effetti, poiché e la fase in cui le ossa sono nella loro forma più plastica. Più rapida è la crescita, maggiore è il rischio che possano verificarsi carenze. Si tratta di una relazione ben nota, che riguarda tutti gli animali e gli esseri umani.
È estremamente difficile ottenere una buona densità ossea in situazioni di cattività con dieta artificiale. Gli erbivori sono particolarmente sensibili a questo problema, e far raggiungere loro una normale densità ossea con elevati regimi alimentari è estremamente difficile. È talmente difficile che io non l'ho mai riscontrata: tutti gli animali allevati con alti regimi di crescita che ho avuto modo di esaminare sono affetti da MOM in diverse misure, anche se non appaiono evidenti sintomi esterni. Ho potuto dimostrarlo facilmente, grazie alla dissezione di esemplari morti o confrontando le radiografie di animali selvatici con quelle di animali cresciuti in cattività.
Tutti gli allevatori di testuggini sapranno che le ossa dei piccoli, appena usciti dall'uovo, sono molto morbide e flessibili. Si induriscono gradualmente nei giorni successivi, nei mesi e negli anni. Tuttavia, non divengono mai completamente rigide: continuano a rimanere sensibili alle sollecitazioni prolungate. Perfino le situazioni di tensione relativamente brevi, se replicate in modo costante, possono produrre conseguenze notevoli.
Ciò in cui le tartarughe e le testuggini differiscono dagli altri animali è il fatto che sono in gran parte circondate dalla loro struttura scheletrica. Lo strato interno dell’osso è protetto da scudi cheratinici detti "scuti". La cheratina è un materiale interessante, con proprietà insolite: è uno dei materiali biologici più forti e resistenti, in più è igroscopica, cede e assorbe umidità per raggiungere l'equilibrio con l'ambiente. È un effetto noto a tutti: dopo un bagno o una doccia calda le nostre unghie divengono morbide e flessibili; se trascorressimo un giorno nel deserto, le nostre unghie diverrebbero dure e fragili.
Abbiamo studiato approfonditamente l’Alpha e la Beta cheratina, e sappiamo bene come reagiscono ai differenti livelli di umidità ambientale. Una loro peculiarità è il modo in cui assumono o perdono rigidità in relazione all'umidità esterna. I cambiamenti sono drastici, possono essere misurati e quantificati. Con livelli di umidità superiore all'80% gli scuti di cheratina posseggono solo una minima parte della resistenza che hanno invece al livello del 50% di umidità relativa. Queste variazioni possono essere misurate e quantificate usando come scala il "Modulo di Young". Con livelli di umidità del 90-100% gli scuti accumulano rapidamente molecole di acqua, diventano estremamente soffici e flessibili e non esercitano alcuna pressione sullo scheletro sottostante. Al contrario, con livelli di umidità al di sotto del 25%, cedono molecole di acqua e diventano estremamente rigidi e resistenti. In situazioni del genere gli scuti esercitano una considerevole forza fisica sull'osso sottostante.
Recenti studi condotti su animali stabulati in terrario, hanno evidenziato come molte volte possano crearsi livelli di umidità estremamente bassi, inferiori al 12%. Studi ancora più recenti hanno anche dimostrato che sotto le lampade (che producono calore), possono crearsi sugli scuti del carapace livelli di umidità inferiori al 20%. Questo comporta una radicale essiccazione, aumentando la rigidezza degli strati cheratinici e determinando l’evaporazione delle molecole di acqua: il che si traduce in un aumento della pressione sullo scheletro osseo sottostante.
È importante sfatare uno dei più comuni errori da disinformazione. È stato affermato che le giovani testuggini (per esempio, Testudo graeca) trascorrono, allo stato selvatico, gran parte del tempo in microclimi “umidi” dove l’umidità relativa si assesta sul 90-100%. È completamente falso.
Nel corso dei nostri studi abbiamo registrato migliaia di rilevazioni negli habitat naturali per monitorare le effettive condizioni di vita degli animali. Abbiamo utilizzato dei registratori automatici capaci di monitorare le temperature e l’umidità con un altissimo livello di precisione e abbiamo effettuato rilevazioni dell’intero ciclo annuale di numerosi habitat chiave. Inoltre abbiamo collocato dei registratori sul carapace delle testuggini e li abbiamo recuperati successivamente per raccogliere i dati. Soltanto sull’umidità abbiamo raccolto qualcosa come 18.000 registrazioni.
Quello che abbiamo scoperto – in breve - è che i piccoli non trascorrono la loro vita a livelli di umidità differenti rispetto agli adulti, mentre è stato confermato che le tartarughe fanno largo ricorso a microclimi selezionati con valori di umidità relativa compresi tra il 34 e il 60%. Gli unici casi in cui l'umidità ha superato il valore del 90% sono stati registrati durante piogge e temporali. Negli ambienti semi-aridi di Almeria e Murcia (molto simili a quelli del nord Africa), le precipitazioni sono sporadiche anche durante i periodi di maggiore attività delle testuggini. In totale, abbiamo rilevato che le tartarughe sono esposte ad un livello di umidità che potremmo definire "alto" (80% o più) solo per il 2% del tempo totale registrato. Possono alimentarsi anche in microclimi con umidità più bassa del 20%, ma successivamente si spostano in aree vegetative nelle quali l'umidità si assesta nella media del 45-50%.
Le rilevazioni riguardano tutte le fasi di attività delle tartarughe, compresa quella in cui si interrano nei rifugi. I dati sono in linea con le rilevazioni effettuate in precedenza (anche se non con la stessa precisione) in Marocco, Turchia e Tunisia.
Altri ricercatori hanno condotto approfondite rilevazioni sui livelli di umidità all’interno dei cunicoli scavati dalla "Tartaruga del Deserto", in Nord-America. Questi dati hanno rivelato che non esistono nascondigli "umidi" capaci di offrire un'umidità relativa del 90-100%: i livelli di umidità relativa, nelle regioni aride dell'Arizona in cui vive Gopherus agassizii, sono addirittura inferiori a quelli registrati in Almeria e Murcia. Se davvero (come si sostiene) la ragione principale per cui le tartarughe selvatiche in regioni aride non sono affette da "Piramidalizzazione" è legata al fatto che fanno uso di “rifugi” e “vegetazione” con livelli di umidità relativa del 90-100%, allora tutte le Testudo graeca graeca in Spagna dovrebbero essere bitorzolute e deformi in quanto non esistono, qui, simili condizioni. Si tratta di un habitat semi-arido con uno dei più bassi livelli di precipitazione in Europa, con una precipitazione media di 226 mm l'anno (il Regno Unito ne riceve quasi 600 mm).
Consiglio a tutti gli allevatori di fidarsi con estrema cautela dei dati sulla “media” dell'umidità relativa negli habitat delle tartarughe rilevati dai siti di meteorologia, perché potrebbero indurre in errore. Gli unici dati significativi e affidabili sono quelli rilevati al livello del suolo nelle zone occupate dalle testuggini (e non a molti metri da terra) e nei precisi microclimi in cui esse vivono.
Ci sono enormi differenze di temperatura e umidità a varie altitudini, e le condizioni dell'entroterra possono variare in maniera sostanziale da quelle delle zone costiere. Le tartarughe occupano biotipi molto ristretti e precisi, non bisogna dimenticarlo quando si analizzano i dati climatici.
Fidandosi di dati basati sulle “medie” di tutti gli habitat all'interno di una regione o di un Paese, si rischia di ottenere risultati completamente fuorvianti.
La cheratina, nei cheloni, ha un’altra importante caratteristica, che influisce sia sulla sollecitazione fisica dello scheletro che sulle modalità con cui prolifera. Ci sono due sistemi fondamentali: solo le testuggini hanno un sistema di proliferazione delle cellule in cui il nuovo materiale cellulare si deposita ai bordi degli scuti, producendo il ben noto effetto "anello d'albero".
Nella maggior parte delle tartarughe acquatiche (ma non in tutte), invece, la crescita avviene soltanto sul piano orizzontale, con le nuove cellule che crescono sotto il vecchio tessuto. Molte specie di tartarughe acquatiche non presentano i cosiddetti “anelli di accrescimento” proprio per questo motivo: gli scuti più vecchi cadono per lasciare spazio a quelli nuovi, più grandi.
Nelle tartarughe terrestri la perdita degli scuti non si verifica: la cheratina si accumula, in maniera verticale, continuamente.
Questo sistema di proliferazione verticale delle cellule si traduce in una forza esercitata dall’alto sullo scheletro. Se la tartaruga è affetta da un qualsiasi grado di MOM, l'effetto sarà notevole: l'osso cercherà di adattarsi alla crescita irregolare dello scuto. Questo è il motivo principale della crescita "piramidale" ed è anche la ragione fondamentale per cui ciò non avviene nelle tartarughe acquatiche che lasciano cadere tutti i vecchi scuti.
La sindrome si amplifica se ricorrono ulteriori condizioni:
Quando la cheratina diventa eccessivamente dura a causa della bassa percentuale di umidità.
Quando la cheratina si ispessisce in modo non naturale.
Tutte le più gravi forme di “piramidalizzazione” osservate fino ad oggi, hanno una caratteristica comune: la cheratina ispessita per eccessiva proliferazione. Un modo per diagnosticarla velocemente è quello di confrontare il colore dell’esemplare con quello di un animale selvatico e sano. Nei casi di eccessiva proliferazione, la cheratina di solito è molto più spessa e molto più scura e, di norma, gli animali che ne soffrono hanno parecchie cose in comune: nella maggior parte dei casi sono stati cresciuti in terrari, sotto lampade calde, e spesso non hanno assunto una quantità adeguata di liquidi.
Come abbiamo già notato, nella maggior parte dei terrari i livelli di umidità ambientale sono estremamente bassi; perfino più bassi dei valori registrati negli habitat più aridi. Gli effetti delle lampade riscaldanti sulle testuggini non sono ancora stati analizzati adeguatamente, ma senza dubbio queste contribuiscono alla disidratazione. Le testuggini allevate in tali condizioni tendono inoltre ad avere altri problemi di salute legati alla disidratazione: calcoli alla vescica, gotta e insufficienza renale. Tutte conseguenze di un'idratazione non ottimale.
Un effetto molto interessante è stato evidenziato grazie alle prove di laboratorio. Quando i cheloni sono soggetti a lunghi periodi di disidratazione, la loro pelle si ispessisce nel tentativo di ridurre l'evaporazione cutanea. Questo fenomeno non si verifica solo a livello della pelle degli arti, ma anche a livello della proliferazione di beta-cheratina che compone gli scuti. Quando l'animale è sottoposto a disidratazione, la crescita degli scuti accelera e questi diventano sempre più spessi, ma le ossa non crescono allo stesso ritmo. Questa cheratina, secca e ispessita, comincia ad esercitare una pressione enorme sullo scheletro (che di solito in questi animali ha una densità molto bassa).
Ecco perché capita di vedere animali particolarmente e gravemente deformati quando sono stati allevati in condizioni di umidità non ottimali. Quando la crescita accelerata (e in particolare la MOM) incontra bassi livelli di umidità, si creano le pericolose condizioni per grossolane distorsioni del carapace, causate della pressione esercitata sullo scheletro dalla tensione dei muscoli e dalla pressione causata dall’eccessiva proliferazione della cheratina degli scuti.
Altra cosa da tenere in considerazione è il fatto che nelle testuggini selvatiche la cheratina in eccesso è continuamente sottoposta ad abrasione e usura nel normale corso della vita. Diversamente dalle tartarughe acquatiche, le testuggini non perdono i vecchi scuti, ma questi vengono levigati dalla vegetazione, dall'impatto con le rocce, dalle particelle di sabbia trasportate dal vento, dai costanti scavi e interramenti. Perfino durante l’estivazione o il letargo non sono immobili: si muovono, circondate dalle particelle altamente abrasive presenti nel terreno. Inoltre i micro-organismi presenti nel terreno consumano gradualmente la superficie esterna degli scuti. Tutto questo determina un continuo logoramento (e conseguente assottigliamento) degli scuti.
Nella stragrande maggioranza delle situazioni in cattività (specialmente nell'allevamento indoor) questo fattore è del tutto trascurato dagli allevatori. Ne risulta che la cheratina continua ad accumularsi anche quando l'umidità non è un problema. Dove è presente anche bassa umidità, l'effetto è accentuato.
Più spessa (e più secca) è la cheratina, peggiore è la “piramidalizzazione”. Questa è determinata non solo dallo strato di cheratina in sé, ma anche dal suo potente effetto deformante sullo scheletro sottostante.
Molti allevatori hanno cercato di attenuare questi sintomi evidenti lasciando per lunghi periodi l'animale in "ammollo" ad alta umidità ambientale (superiore al 90%) e ad elevate temperature. Ma l’unico effetto che si ottiene è quello di ammorbidire la cheratina e ridurne la pressione: non solo questa tecnica non ha alcun effetto su un’eventuale MOM già in atto (la rende solo molto meno evidente), in più espone l'animale a un alto rischio di infezioni fungine o batteriche, perché la cheratina morbida e umida può essere attaccata con facilità da questi microorganismi, dato che manca di integrità strutturale e si danneggia facilmente.
Anche se la “piramidalizzazione” potrebbe essere attenuata o eliminata mediante questi interventi estremi, non si tratta di una tecnica soddisfacente. È solo una soluzione artificiale a un problema del tutto artificiale.
Se il nostro metodo di allevamento è tale da imporre di ricorrere a condizioni del tutto innaturali (“ammollo” prolungato in ambiente con umidità relativa superiore al 90%) per risolvere un problema creato da altre condizioni del tutto innaturali (umidità non ottimale, disidratazione ed eccessivo tasso di crescita con relativa scarsa densità ossea), faremmo meglio a renderci conto che c’è qualcosa di sbagliato.
È molto meglio indagare sulle ragioni da cui nascono i problemi, piuttosto che concentrarsi sul tentativo di nascondere i sintomi più evidenti, che è l'unico risultato che deriva da tali metodi.
Per non avere questi problemi, bisognerebbe:
Ottenere una crescita in cui la densità ossea risulti paragonabile a quella degli esemplari selvatici sani: questa andrebbe verificata con radiografie di routine. Una sana densità ossea permette di opporre la massima resistenza alla deformità.
Cercare di rispettare in cattività i giusti parametri di temperatura e umidità. I parametri corretti dovrebbero essere definiti facendo riferimento ai dati registrati negli habitat naturali della specie in questione, non con supposizioni o con riferimenti alle medie climatiche, inadeguate e spesso fuorvianti.
Strutturare i recinti in maniera tale da fornire metodi che consentano una naturale usura della cheratina del carapace, evitandone così un continuo accumulo.
Se è difficile riuscire a soddisfare queste esigenze, risulta evidente che la struttura degli habitat in cattività deve essere migliorata. Le lampade di calore possono anche essere di aiuto, ma da questo studio è emerso il fatto che possono avere effetti negativi. Ottenere i giusti livelli di umidità ambientale non è affatto facile per chi alleva testuggini al di fuori dei loro habitat naturali, affidandosi a strutture artificiali. È molto difficile in situazioni di cattività raggiungere la giusta densità ossea e tassi di crescita sostenibili.
Le testuggini, allo stato selvatico, vivono fasi cicliche di attività e di alimentazione, con lunghi periodi di digiuno e inattività. La natura dei loro alimenti varia stagionalmente, soprattutto in termini di umidità e di contenuto di fibre. Soluzioni pratiche a questi problemi non sono impossibili da raggiungere e rappresenteranno un importante passo in avanti nell'allevamento dei cheloni.
Questi ragionamenti assumono particolare importanza quando l’allevamento di una specie è finalizzato ad un suo eventuale rilascio in natura o alla salvaguardia e moltiplicazione di specie altamente a rischio.
RINGRAZIAMENTI
Vorrei ringraziare Ed Pirog per gli affascinanti dibattiti e le discussioni su questo tema. Ed è stato persistente quanto lo sono stato io nel cercare di comprendere il problema: aveva già fatto importanti osservazioni sul tema e aveva anche capito che lo strato di cheratina, il calore, l'umidità e l'idratazione svolgono un ruolo importante in un problema che ha afflitto gli allevatori sin da quando la riproduzione in cattività è diventata comune.
Grazie alle osservazioni di Ed ho deciso di esaminare il ruolo e la reazione della cheratina alle diverse condizioni ambientali nel modo più dettagliato possibile, e queste ricerche mi hanno permesso di ottenere i risultati che qui ho presentato per la prima volta.
(1) Humidity, Growth, Physical Stresses and the Development of Carapace Abnormalities (‘Pyramiding’) in Tortoises: A review of current research (in preparation).
© A. C. Highfield / Tortoise Trust 2010
Articolo originale Tortoise Trust Web - The causes of pyramiding in tortoises
Fonte articolo tradotto http://www.tartarughe.info/forum/index.php?topic=16202