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Il custode delle tartarughe killer

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    Predefinito Il custode delle tartarughe killer

    Vedelago, il giardino degli animali esotici. Flavio Nicoletti, 45 anni: «Accolgo anche gli esemplari sequestrati dal Corpo forestale dello Stato»

    LA STORIA

    «Sono le più feroci del pianeta»

    VENEZIA — E’ il custode delle tartarughe abbandonate. Gliele portano da tutta Italia. Anche quelle esotiche sequestrate dal Corpo forestale dello Stato negli aeroporti o sulle navi. Il commercio clandestino alimenta un mercato milionario. Ma quando l’animale — venduto al privato —diventa adulto e quindi ingestibile, chi l’ha comprato senza conoscenze effettive se ne sbarazza abbandonandolo in una fontana dei giardini pubblici o in un fosso. Sono queste le tartarughe che finiscono nella custodia di Flavio Nicoletti, 45 anni, moglie e due figli, a Fossalunga di Vedelago, in provincia di Treviso. «Adesso in giardino ne ho 650, naturalmente sono in riposo, ma alcune hanno già messo fuori la testa dalle tane, il caldo aiuta», spiega Nicoletti, responsabile del settore stampa allo stabilimento Europoligrafico di Paese (Treviso), ma esperto di tartarughe e fondatore con Mauro Favrin e i veterinari Fabrizio Benini, Marta Avanzi e Alessandro Bellese dell’«Associazione animali esotici (AAE)», onlus riconosciuta, che ha oltre 400 soci ed è suddivisa in diverse sezioni dedicate anche a conigli, serpenti vari, cavie e pappagalli. «Qual è, a parte l’uomo, l’animale più feroce del pianeta?» La domanda di Nicoletti è spiazzante perché stravolge i ruoli: il mio di intervistatore e il suo di intervistato. Ma lui non concede spazio: «Molti diranno il leone, la tigre o il coccodrillo. Sbagliato: la tartaruga azzannatrice e poi ci metterei anche la tartaruga alligatore».


    Uno degli animali che Nicoletti ha raccolto (archivio)

    Cioè, la tartaruga, la paciosa tartaruga simbolo di longevità e di lentezza? «Sì, proprio. Ma quello che vale nell’immaginario favolistico non risponde sempre alla realtà della vita naturale, della natura in quanto tale». E così mi accompagna in un luogo appartato del giardino di casa sua. Apre il coperchio bucato di un vascone di cemento sprofondato nel terreno. Là sotto, nell’acqua, ci sono sei tartarughe enormi, agitano le mascelle rostrate spalancando voracissime fauci, capaci di esercitare una forza di 70 chili per centimetro quadrato, molto di più di un coccodrillo o un leone. «Qui dentro ci sono 8 azzannatrici e 2 alligatore. La più vecchia ha 30 anni e pesa già 60 chili. Sono animali interessanti ma non da tenere nell’acquario di casa. C’è chi le compra e poi, quando diventano troppo grandi e aggressive e quindi ingestibili, le abbandona. Una l’hanno trovata, anni fa, perfino nella tenuta di San Rossore, quella del presidente della Repubblica, dove ha divorato in un colpo solo la testa di un cavallo che ignaro brucava vicino a un corso d’acqua». Queste tartarughe aggressive sono tutelate da convenzioni internazionali (Washington e Berna) e rientrano nella classificazione degli animali pericolosi che per essere detenuti hanno bisogno di permessi speciali della Prefettura. E’ evidente che il loro habitat naturale non è in Europa, ma nelle Americhe.

    E’ vero che, quando vengono catturate ed esportate clandestinamente, si adattano? «Gli abbandoni—conferma Nicoletti— ci sono sempre stati. C’erano meno chiamate di soccorso dieci anni fa. Oggi ci conoscono, ci sono più collegamenti, più sinergia e ci sono più interventi. Ci hanno convocato anche quando dovevano costruire l’Ikea a Padova. L’area era infestata dai conigli selvatici. Ne abbiamo catturati quasi 200, tutti vivi. Poi li abbiamo dati in affido ad allevatori di fiducia. Ma abbiamo catturato anche un’iguana di un metro e mezzo e tanti serpenti. Qui, nel mio centro di raccolta e custodia, ho avuto alcuni anni fa anche la visita dell’attuale governatore del Veneto Luca Zaia, che si è rivelato un appassionato di questo strano mondo esotico. Un mondo del quale spesso poco o nulla si sa. Eccezion fatta per gli addetti ai lavori».

    Ci siamo persi la tartaruga alligatore? «No, è sempre nella fossa con le altre tartarughe-killer. L’alligatore ha sulla lingua un’antenna simile a quella della rana pescatrice, cioè la comune coda di rospo. Questa tartaruga, acquatica, spalanca le poderose fauci e lascia fluttuare l’antenna alla sommità della quale c’è un ingrossamento di colore rossastro che sembra un verme. In realtà è un’esca. Qualunque animale s’avvicini, allettato dal pensiero di un buon boccone, diventa un boccone lui stesso, un pasto o un antipasto della Macroclemis temminki. E’ questo il nome scientifico della alligatore».

    Nel giardino sembrano esserci tracce di altre presenze. «Qui ci sono delle rarità assolute, ma anche delle curiosità».

    Per esempio? «C’è una Amyda Cartilaginea, una tartaruga asiatica dal guscio molle, ma mi hanno portato anche un maialino vietnamita da compagnia, tartarughe dallo zoo di Bergamo, altre dal Centro Carapax della Toscana».

    E, fresca fresca, arriva la segnalazione che ci sono due Moluri di quattro metri ciascuno da andare a prendere a Bologna. Moluri? «Pitoni asiatici, nome scientifico Python Molurus Bivittatus. Saranno ospitati a Bibione».

    A parte i due «Bivittatus», tutte queste tartarughe mangeranno qualcosa? «Ci sono quelle che mangiano solo pesce, le vegetariane che vogliono solo verdura, quelle che mangiano esclusivamente frutta e quelle che azzannano ogni cosa si muova».

    Una bella spesa al supermercato. «Non diciamolo, noi speriamo sempre in aiuti e oggettivamente li abbiamo anche. Se questo è il pianeta vivente perché non nutrire tutte le sue creature? E’ l’unico luogo che abbiamo, dobbiamo custodirlo totalmente finché possiamo. Tartarughe azzannatrici comprese».

    Fausto Pajar - corrieredelveneto.corriere.it
    23 marzo 2011
    giorgio


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