Victoria Gonzalez Carman, l'Autrice dell'immagine che illustra questo post, sarebbe la prima a voler dire che ciò state guardando è solo un'opera di arte astratta e non la triste realtà che invece è. Purtroppo non può, perché quei coriandoli multicolore che tappezzano l'asettico tavolo bianco di un ambulatorio altro non sono che i frammenti di plastica inghiottiti da una giovane tartaruga di mare pescata al largo delle coste dell'Argentina.
Il contenuto dello stomaco del piccolo animale marino è stata pubblicata sul sito seaturtle.org per denunciare un fenomeno che ormai sta diventando sempre più diffuso rappresentando non solo il sintomo dell'inquinamento delle acque in cui queste tartarughe vivono, ma anche la dipendenza dell'uomo dalla plastica.
UN MONDO DI PLASTICA. Ogni anno vengono prodotti circa 260 tonnellate di plastica: un'evoluzione significativa rispetto "misera" mezza tonnellata prodotta nel 1950. Nel mondo ogni giorno si distribuiscono circa un miliardo di sacchetti di plastica monouso e fino a 3 su 1000 arrivano all'oceano. Quando questo materiale si trasforma in rifiuti, non essendo biodegradabile, cambia forma e si riduce in pezzi più piccoli spargendosi in tutto il pianeta. Le correnti marine trascinano i piccoli pezzi fino a che la fauna marina non li ingerisce, scambiandoli per meduse o altri tipi di cibo. Peccato che risulti un po' indigesta.
Inghiottire questi detriti può causare gravi danni all'apparato digerente degli animali, ostruendo l'esofago, lacerando le pareti dell'intestino e conducendoli gradualmente alla morte per fame. Esaminando il contenuto dello stomaco di una giovane tartaruga pescata al largo della Florida sono stati ritrovati 74 oggetti diversi da cibo: tra questi c'erano 4 tipi diversi di gomma per palloncini, diversi tipi di plastica dura , materiale simile alla stoffa per tappeti e due pallottole di catrame. Su 92 tartarughe marine trovate morte sulla spiaggia del Rio Grande do Sul in Brasile, 50 di queste avevano ingerito forti quantità di detriti di plastica. Il problema, tuttavia, non riguarda solo le tartarughe: tutta la fauna marina, dal plancton alle balene, oggi ingerisce più plastica che cibo. E, il guaio è che anche in piccole quantità, questo materiale può essere letale.
LA GRANDE DISCARICA BLU. Il più grande ammasso di detriti di plastica oggi in mare è il North Pacific Gyre, meglio conosciuta come "il grande cerotto di spazzatura": è grande come il Texas e contiene circa 3,5 milioni di detriti, che vanno dai giocattoli ai spazzolini da denti.
Nell'ultimo numero di Marine Turtle Newsletter i biologi Colette Wabnitz, dell'università British Columbia, e Wallace Nichols, della California Academy of Science hanno dichiarato che "gli oceani sono diventati un cassonetto gigante per tutti i tipi di materie plastiche. Tutte le specie di tartarughe marine potrebbero essere seriamente in pericolo". In "Plastic Pollution: An Ocean Emergency" i due professori sostengono che "tutte le ricerche sull'impatto della plastica sull'ambiente oceanico e sulla salute dell'uomo portano a pensare che il problema sia più grave del previsto". "L'anno scorso - aggiunge Nichols - ho contato 76 sacchi di plastica in mare in un solo minuto, stando in piedi a prua della nostra barca mentre cercavamo tartarughe marine in Indonesia".
CHE FARE? I dati parlano chiaro: la situazione è grave e richiede soluzioni urgenti. D'altra parte non c'era nemmeno bisogno che ce lo dicessero gli esperti per capire che le cose ci sono sfuggite di mano. Passiamo ore a separare plastica per la raccolta differenziata maledicendo chi trova necessario imballarci dentro anche gli spilli singolarmente. E alla fine qualcuno rinuncia per incuria o per sconforto. Ma poi passiamo altre interminabili ore a fare gli slalom tra i rifiuti quando andiamo in vacanza e vorremmo solo fare un tuffo in mare o un pic nic sull'erba perché qualcuno si è dato per vinto nella guerra alla plastica. Che fare dunque? Dobbiamo arrenderci a morire seppelliti da montagne di plastica, consapevoli che i più deboli e indifesi moriranno per primi, magari di fame, come le tartarughe? Ovviamente no, ma intervenire sulla "cultura dell'usa e getta", studiare l'origine dell'inquinamento da plastica e ripensare tutti gli involucri che oggi impiegano plastica è urgente e necessario.
Questi studiosi chiedono ai visitatori di riserve naturali e delle coste citate in questo articolo di ridurre l'inquinamento da materie plastiche, portando con sé sacchetti riutilizzabili e contenitori per alimenti, ed evitando le bevande in bottiglie di plastica. I media, rilanciando la notizia con la foto panoramica sul contenuto gastrico della piccola tartaruga verde, estendo ora la richiesta a tutti.
Privilegiate prodotti che riducono, o meglio annullano, l'utilizzo di plastica, gettate quella che resta negli appositi contenitori della raccolta differenziata e soprattutto non abbandonate altra plastica in giro perché prima o poi vi potrebbe capitare di ritrovarla sulla vostra strada!
Fonte: Yahoo! Notizie
Immagine: Seaturtle.com