Rimangono meno di 2.500 panda giganti nel mondo, più circa 200 in cattività. Il loro muso bianco e nero è il simbolo stesso del rischio di estinzione che corrono anche molte altre specie animali. Ora dal Congresso dell’American Chemical Society, in corso a Denver, in Colorado, arrivano i risultati di una ricerca che ci dà un motivo in più per proteggerli. Nel loro intestino vive un gruppo di batteri specializzati nel “digerire” le piante (specialmente il bambù che rappresenta il 99 per cento della dieta dei panda giganti) e che potrebbero essere fruttuosamente impiegati per trasformare la biomassa in biocarburante.
I cosiddetti “biofuels” da tempo non sono più considerati un’alternativa d’elezione al petrolio e agli altri combustibili fossili in quanto utilizzare colture alimentari, come il mais, la soia e lo zucchero, per produrre carburante risolve un problema ma ne crea un altro: sottrae fonti di cibo preziose a una popolazione mondiale in crescita. Diverso è il caso dei biocarburanti cellulosici, ovvero derivati da biomassa. Non si tratta quindi di colture alimentari, ma di scarti e residui di piante, di erba, gambi di mais, trucioli di legno.
Per scomporre la cellulosa contenuta nella biomassa serve però l’azione di particolari enzimi. Produrli in maniera sintetica è un procedimento lungo e costoso, per questo la ricerca scientifica è a caccia di alternative rapide a costi ridotti. Gli studiosi della Mississippi State University sembrano averne trovata una: i batteri contenuti nell’intestino dei panda giganti, allenati a scomporre e digerire tra i 9 e i 18 chili di bambù al giorno.
Analizzando per un anno intero gli escrementi di una coppia di panda, maschio e femmina, dello zoo di Memphis i ricercatori hanno individuato diversi tipi di batteri digestivi, inclusi alcuni molto simili a quelli già scoperti nelle termiti, altri animali di cui si conosce l’abilità nel digerire il legno.
In base ai risultati di studi precedenti, i ricercatori stimano che i batteri intestinali dei panda possano convertire circa il 95 per cento della biomassa delle piante in zuccheri semplici. Questo avviene grazie alla presenza di enzimi che accelerano le reazioni chimiche ed eliminano la necessità di utilizzare, come si è fatto finora, alte temperature, reagenti acidi e alte pressioni per produrre biocarburanti.
I batteri dei panda costituiscono dunque un’alternativa più veloce, pulita ed economica a questi procedimenti lunghi e costosi. Il prossimo passo consiste nell’identificare e isolare ciascun batterio coinvolto nel processo per selezionare solo i più potenti enzimi digestivi da impiegare nella produzione di biocarburanti. Grazie a procedure di ingegneria genetica si potrebbero riprodurre gli enzimi stessi su scala industriale. Potrà il crescente bisogno di carburanti puliti costituire l’incentivo che mancava per salvare davvero i panda dall’estinzione?
marta.buonadonna
Salviamo i panda: hanno la chiave per l’energia del futuro - Hitech e Scienza - Panorama.it